Patent box – Registrazione del software protetto da copyright

La legge 190/2014 (Stabilità 2015) ha introdotto nel nostro ordinamento il regime del patent box, che prevede la detassazione dei redditi derivanti dall’utilizzo di taluni beni immateriali tra cui le “opere dell’ingegno”.

Proprio in relazione a queste ultime è necessario sottolineare come le norme di attuazione della disposizione stessa (Dm 30 luglio 2015) abbiano ristretto l’ambito applicativo, sostituendo le “opere dell’ingegno” con il “software protetto da copyright”. La relazione ministeriale al Dm ha provveduto a giustificare tale intervento in quanto conforme alle linee guida dell’Ocse in materia, determinando tuttavia una discrasia rispetto alla norma primaria il cui contenuto era chiaramente più ampio.

La legge di Stabilità 2016 è intervenuta in merito allineando la norma primaria e secondaria confermando il restringimento del campo di applicazione dell’agevolazione al solo software protetto da copyright.

Al di là di tale modifica della legge apportata al fine di rendere coerenti le due previsioni normative, la “protezione” del software è questione di notevole rilevanza. Il software è infatti definito come quell’insieme organizzato e strutturato di una sequenza di istruzioni in codice capace di far eseguire una funzione particolare per mezzo di un elaboratore elettronico.

A fronte dei significativi investimenti realizzati dalle imprese necessari per lo sviluppo dei programmi per l’elaboratore, il software è compreso nel novero delle opere protette dalla legge sul diritto di autore.

L’accesso alla tutela non richiede particolari formalità, poiché è un diritto di esclusiva che si costituisce in capo all’autore come conseguenza diretta della sola creazione dell’opera, in questo caso del software. Tuttavia questione piuttosto dubbia in merito è se ai fini del patent box sia necessaria anche la registrazione presso enti competenti come il Pubblico Registro Speciale Dei Programmatori Per Elaboratori presso la SIAE.

L’opinione prevalente ritiene quest’ultima solamente una mera facoltà in capo all’autore che permette di assegnare al software data certa e consente all’azienda di avere una tracciatura nel tempo dell’evoluzione del software facilitando in questo modo la correlazione agli investimenti realizzati, particolarmente utile soprattutto in caso di possesso di più software.

Il requisito principale ai fini della tutelabilità giuridica rimane infatti l’originalità del software, ossia lo stesso dev’essere frutto di un atto intellettuale di creazione da parte degli autori e non deve invece trattarsi di meri aggiustamenti o modifiche di un software già esistente.

La prova che attesti la titolarità dei diritti esclusivi sul software in capo al richiedente e la sussistenza dei requisiti di tutela sopra citati deve risultare da una dichiarazione sostitutiva, ai sensi del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445 da trasmettere all’Agenzia delle Entrate.

Questo è quanto recentemente stabilito dall’Agenzia nella circolare n. 11/E dello scorso 7 aprile, che nell’esporre alcuni chiarimenti in merito al patent box esclude tacitamente qualsiasi ulteriore obbligo di registrazione presso enti quali la SIAE, scelta dunque che rimane del tutto facoltativa per  il contribuente.