Il nuovo trattamento contabile dei costi di ricerca e sviluppo
Il coordinamento con la normativa fiscale e il nuovo credito in R&S.
I costi di ricerca e sviluppo rappresentano un’importante voce di bilancio, nella quale rientrano una serie di costi non facilmente attribuibili ad uno specifico esercizio contabile, secondo il principio di competenza economica; per questa ragione il legislatore ha definito delle regole ben precise al fine di limitare la discrezionalità nel trattamento di dette poste contabili.
Il D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 139, ha modificato alcune delle norme del Codice civile riguardanti la redazione del bilancio d’esercizio a partire dall’anno 2016, tra cui i costi di ricerca e sviluppo, in attuazione della Direttiva Comunitaria 2013/34/UE.
Il principio contabile nazionale, riguardante le immobilizzazioni immateriali OIC 24, classifica e definisce i costi di ricerca e sviluppo in:
1. Ricerca di base
2. Ricerca applicata
3. Sviluppo
Fino all’entrata in vigore del D.Lgs 139/2015 il trattamento contabile delle spese di ricerca di base era differente rispetto a quello previsto per i costi di ricerca applicata e di sviluppo, ma con la recente modifica il legislatore ha stabilito che dal 1° gennaio 2016 invece i costi di ricerca saranno trattati in maniera omogenea e pertanto non saranno più capitalizzabili tra le immobilizzazioni immateriali.
Il D.Lgs 139/2015 ha inoltre proceduto a modificare l’art 2426 c.1 del codice civile, il quale disciplina il criteri di valutazione degli oneri pluriennali.
Di conseguenza si è stabilito che i costi di ricerca di base e di pubblicità che potevano, a certe condizioni, essere iscritte nell’attivo dello Stato Patrimoniale, dovranno essere dal 1° gennaio 2016 imputati esclusivamente a conto economico.
I costi di ricerca pertanto non saranno più capitalizzabili tra le immobilizzazione immateriali, costituiranno costi di periodo e saranno rilevati a Conto economico nell’esercizio in cui sono sostenuti.
L’impossibilità di capitalizzare le spese di pubblicità e ricerca fa sorgere un problema circa l’eventuale ammontare residuo delle spese precedentemente imputate a Stato Patrimoniale, se il residuo sarà infatti da imputare interamente a costo in conto economico nel 2016, ciò comporterà un forte impatto sull’utile di esercizio. Di conseguenza ci si sta interrogando sulle modalità auspicabili per limitare tale impatto.
Potrebbe ad esempio essere proposto di imputare, come già avviene per l’applicazione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS, le rettifiche derivanti dall’applicazione di nuovi criteri di valutazione direttamente agli utili riportati a nuovo determinando una riduzione di patrimonio netto senza impattare sul Conto Economico.
Un’altra soluzione per evitare che tali modifiche contabili impattino direttamente sul Conto Economico dell’esercizio potrebbe essere quella di eliminare tali spese in contropartita alle riserve del patrimonio netto attraverso la scrittura “Riserve a spese di pubblicità/ricerca”.
Un diverso trattamento contabile sarà possibile solo qualora tali spese possano essere assimilate a spese di impianto ed ampliamento ovvero soltanto se si tratta di operazioni non ricorrenti (ad esempio, il lancio di una nuova attività produttiva, l’avvio di un nuovo processo produttivo diverso da quelli avviati nell’attuale core business), relative ad azioni dalle quali la società ha la ragionevole aspettativa di importanti e duraturi ritorni economici risultanti da piani di vendita approvati formalmente dalle competenti funzioni aziendali.
Il decreto è intervenuto anche in modifica al periodo di ammortamento dei costi di sviluppo.
Il principio contabile Oic, consente la capitalizzazione del costo in presenza dei seguenti requisiti:
1. il costo deve essere identificabile, misurabile e riferito a un processo/prodotto chiaramente definito; di conseguenza il costo deve avere diretta inerenza con il processo/prodotto per cui viene sostenuto;
2. il progetto deve essere realizzabile, nel senso che deve essere fattibile;
3. deve esserci la razionale possibilità di recuperare i costi mediante i redditi futuri.
Se sono presenti questi tre requisiti, i costi di sviluppo potranno essere indicati tra le immobilizzazioni immateriali e potranno essere ammortizzati, previo consenso del collegio sindacale se esistente, non più in un periodo di massimo cinque anni come riportava l’art. 2426 c.1 del codice civile, ma saranno ammortizzati secondo la loro vita utile e solo in casi eccezionali, ove non sia possibile stimare quest’ultima, saranno ammortizzati in un periodo non superiore a cinque anni.
Il coordinamento con la normativa fiscale.
L’art.108 c.1 del TUIR stabilisce che le spese relative a studi e ricerche sono deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute, ovvero in quote costanti nell’esercizio e nei successivi, ma non oltre il quarto.
Tuttavia vista la modifica apportata e, l’esclusione di tali spese dalla voce degli oneri pluriennali, sorge il dubbio sull’effettiva corrispondenza di tale articolo a suddette spese. Di conseguenza ci si interroga sul fatto che tali costi siano deducibili interamente nell’esercizio di imputazione o se la regola fiscale sia autonoma rispetto a tali costi e, pertanto sia possibile dedurre tali costi nell’esercizio e nei successivi, ma non oltre il quarto.
Questo problema si era già presentato per i soggetti IAS adopter. L’ Agenzia delle Entrate era intervenuta con la risoluzione n.95/2006 ed ha ritenuto che la deduzione di tali costi debba essere fatta in conformità alle scelte di bilancio. Tuttavia, il D.Lgs 139/2015 non ha previsto alcuna norma che disciplini il passaggio tra vecchia e nuova impostazione contabile. Si può quindi ipotizzare che tali costi continuino ad essere dedotti secondo l’originaria imputazione temporale, attraverso delle variazioni extracontabili, anche dopo essere stati imputati interamente a conto economico.