Come forse ricorderà chi ha letto il primo contributo a questa newsletter in materia di contratti di rete, la principale considerazione che ha indotto il nostro legislatore a dotare il sistema italiano di quel particolare contratto o vincolo che viene chiamato “rete” è la constatazione della piccola o piccolissima dimensione delle imprese italiane e della loro conseguente scarsa forza competitiva sul mercato globalizzato. Non potendo il legislatore obbligare le imprese a crescere di dimensioni, ha fornito loro uno strumento di aggregazione che al tempo stesso consenta di non modificare l’assetto societario proprio delle imprese partecipanti ma di presentarsi come un’entità unica sul mercato.
L’idea è stata se vogliamo completata dai corposi finanziamenti che gli enti nazionali e soprattutto l’Unione europea hanno messo a disposizione delle imprese europee che collaborino tra loro, fra i quali si ricorda il noto progetto Horizon 2020.
Nel precedente contributo sono stati analizzati gli elementi necessari per la costituzione di una rete d’imprese, nel presente si vogliono evidenziare gli elementi non indispensabili ma non per questo meno importanti che caratterizzano l’aggregazione in rete.
Si deve allora partire dalla premessa che il contratto di rete può essere stipulato anche per svolgere nuove attività e che consente dunque l’esercizio in comune di attività non solo strumentali, ma anche di importanza strategia permettendo, sotto questo profilo, una valida alternativa al modello societario.
Quindi ci si deve chiedere quale sia lo strumento finanziario per operare in rete.
E proprio a tale riguardo l’art. 3, comma 4-ter, della L. 33/2009 prevede la possibilità (non l’obbligatorietà) di costituire un fondo patrimoniale comune (di seguito anche il “FPC”) che costituisca appunto il modo in cui la rete d’imprese finanzia la propria attività, sia essa già preesistente, sia essa completamente nuova.
Prevede infatti la norma «Se il contratto prevede l’istituzione di un fondo patrimoniale comune e di un organo comune destinato a svolgere un’attività, anche commerciale, con i terzi:
1) la pubblicità di cui al comma 4-quater si intende adempiuta mediante l’iscrizione del contratto nel registro delle imprese del luogo dove ha sede la rete;
2) al fondo patrimoniale comune si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2614 e 2615, secondo comma, del codice civile; in ogni caso, per le obbligazioni contratte dall’organo comune in relazione al programma di rete, i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo comune;
3) entro due mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale l’organo comune redige una situazione patrimoniale, osservando, in quanto compatibili, le disposizioni relative al bilancio di esercizio della società per azioni, e la deposita presso l’ufficio del registro delle imprese del luogo ove ha sede; si applica, in quanto compatibile, l’articolo 2615-bis, terzo comma, del codice civile».
Inoltre «se è prevista la costituzione del fondo comune, la rete può iscriversi nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede; con l’iscrizione nel registro delle imprese la rete acquista soggettività giuridica».
Ciò implica che qualora sia prevista l’istituzione di un fondo patrimoniale comune, il contratto deve inoltre indicare «la misura e i criteri di valutazione dei conferimenti iniziali e degli eventuali contributi successivi che ciascun partecipante si obbliga a versare al fondo, nonché le regole di gestione del fondo medesimo; se consentito dal programma, l’esecuzione del conferimento può avvenire anche mediante apporto di un patrimonio destinato, costituito ai sensi dell’articolo 2447-bis, primo comma, lettera a), del codice civile».
La norma non dice se vi siano importi minimi prescritti dal legislatore per la costituzione del fondo patrimoniale, come invece accade per le società di capitali, appare però logico che il fondo patrimoniale debba avere una consistenza tale da poter realizzare il programma di rete.
Vi è inoltre da ricordare che in un contratto di rete si può prevedere un fondo patrimoniale comune anche in assenza di un organo comune di gestione, anche se la sua formazione e la contestuale nomina di un organo comune è altamente consigliata in quanto limita la responsabilità dei partecipanti per le obbligazioni assunte nell’interesse della rete e attribuisce alla rete un’autonomia patrimoniale perfetta: ai sensi dell’ultima novella è infatti ora previsto che per le obbligazioni contratte dall’organo comune in relazione al programma di rete i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo patrimoniale comune.
Ai sensi della Legge 134/2012, la previsione di un fondo patrimoniale comune porta con sé un’altra fondamentale possibilità, quella dell’iscrizione della rete nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede e, soprattutto, consente alla rete di acquisire una autonoma personalità giuridica.
Quindi in presenza di un fondo patrimoniale comune e, caso mai, auspicabilmente, anche di un organo comune di gestione, la rete può divenire persona giuridica autonoma ed essere iscritta al registro delle imprese.
Ovviamente, alla creazione del fondo patrimoniale consegue la necessità che il contratto di rete preveda esplicitamente le regole per la sua gestione, fra le quali il vincolo di destinazione del fondo all’attuazione del programma di rete e la nomina dell’organo di gestione del fondo, carica che potrà essere coperta anche da un soggetto esterno, diverso dai partecipanti alla rete, purchè dotato di particolari competenze.
In caso di previsione del fondo comune il contratto di rete dovrà anche pattuire la misura ed i criteri di valutazione dei conferimenti iniziali e degli eventuali contributi successivi dei partecipanti alla rete, fermo restando che potrà essere oggetto di conferimento iniziale, nel senso di apporto alla rete, qualsiasi entità materiale o immateriale, suscettibile di valutazione economica o comunque di apprezzamento in termini di funzionalità o strumentalità al perseguimento dello scopo comune e/o alla realizzazione del programma di rete (quindi anche prestazioni d’opera, know-how, marchi, banche dati commerciali, crediti, immobili e così via). Con la necessaria precisazione che i beni e gli apporti patrimoniali e non restano formalmente di titolarità dell’impresa conferente pur essendo destinati alla realizzazione del programma di rete.
In tema di gestione del fondo patrimoniale e sugli altri aspetti economicamente rilevanti della rete, bisogna ricordare che anche per le reti vige l’obbligo di predisporre la situazione patrimoniale ex art. 2615-bis c.c. e di osservare, in quanto compatibili, le disposizioni relative al bilancio delle società per azioni, con l’obbligo quindi di depositare le relazione sulla situazione patrimoniale presso l’ufficio del registro delle imprese del luogo ove ha sede la rete.
Qualora il fondo patrimoniale comune non fosse previsto, per le obbligazioni assunte nell’interesse della rete: (a) se si tratta di obbligazione assunta dall’organo comune nell’interesse della rete rispondono tutti i partecipanti in solido tra loro; (b) in assenza di organo comune dovrebbero rispondere solo i partecipanti che hanno assunto l’obbligazione in solido tra loro, con diritto di rivalsa verso gli altri partecipanti ex artt. 1298 e 1299 c.c. Va però sottolineato che non è agevole comprendere quando una obbligazione possa intendersi assunta nell’interesse della rete.
In secondo luogo, tra gli elementi non indispensabili ma comunque importanti del contratto di rete, va ricordato l’organo comune, previsto dall’art. 3, comma 4- ter, della Legge 33/2009, il quale stabilisce che se il contratto ne prevede la istituzione occorre indicare «il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale del soggetto prescelto per svolgere l’ufficio di organo comune per l’esecuzione del contratto o di una o più parti o fasi di esso, i poteri di gestione e di rappresentanza conferiti a tale soggetto, nonché le regole relative alla sua eventuale sostituzione durante la vigenza del contratto. L’organo comune agisce in rappresentanza della rete e, salvo che sia diversamente disposto nel contratto, degli imprenditori, anche individuali, partecipanti al contratto nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l’accesso al credito e in quelle inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione previsti dall’ordinamento nonchè all’utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità o di cui sia adeguatamente garantita la genuinità della provenienza».
Si noti che nell’originario disegno della Legge n. 33/2009 l’organo comune era elemento necessario del contratto di rete, mentre nella sua ultima versione è divenuto organo facoltativo. Si tratta di un organo monocratico (persona fisica o giuridica) in rapporto di mandato rispetto ai partecipanti alla rete. L’attività dell’organo comune è fondamentale in quanto ad esso, ove presente, è demandata l’esecuzione del contratto di rete tout court, oppure di una o più parti di esso. Ove tale organo venga istituito nel contratto di rete, nel medesimo devono essere necessariamente specificati i relativi poteri di gestione e di rappresentanza ad esso conferiti.
L’organo comune agisce in rappresentanza della rete e, salva diversa indicazione contrattuale, dei partecipanti, anche individuali, al contratto nelle procedure di programmazione negoziata con la PA, nelle procedure inerenti a interventi di garanzia per l’accesso al credito e allo sviluppo del sistema imprenditoriale nonché alla utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità.
Ciò implica che nelle procedure di programmazione negoziata con la PA l’organo comune ha una rappresentanze ex lege anche per i singoli partecipanti alla rete con applicazione quindi del secondo comma dell’art. 2615 c.c.
Manca una disciplina sulla revoca dell’organo comune, in assenza della quale dovrebbe applicarsi l’art. 1726 c.c. sulla revoca del mandato collettivo conferito con unico atto e per un affare d’interesse comune (deve essere fatta da tutti i mandatari salvo che ricorra una giusta causa).
Nel delicato tema della responsabilità extracontrattuale della rete per obbligazioni sorgenti da fatto illecito si ritiene che vi sia una responsabilità solidale dei partecipanti per i fatti illeciti commessi dalla rete nell’esercizio della propria attività.
Ulteriori elementi non previsti dalla legge tra quelli accidentali, ma opportuni da prevedere all’interno del contratto di rete sono la denominazione della rete; la previsione di un segno distintivo comune, ad esempio sotto forma di marchio registrato, l’indicazione delle modalità di esclusione dei partecipanti. Quest’ultima clausola è di particolare utilità per evitare che la violazione degli obblighi discendenti da un contratto di rete possa comportare la risoluzione dell’intero contratto o creare situazioni di stallo operativo; altre ipotesi di legittima esclusione potrebbero essere l’apertura di procedure concorsuali a carico di un partecipante o la perdita del requisito soggettivo legale da parte di un partecipante; anche per questa ipotesi occorre prevedere se la decisione di esclusione debba essere presa all’unanimità ovvero a maggioranza oppure se sia demandata all’organo comune al verificarsi delle cause di esclusione.
La legge non disciplina la cedibilità della posizione contrattuale in rete per cui si ritiene che in mancanza di una adeguata regolamentazione, laddove via sia una cessione d’azienda l’acquirente dovrebbe subentrare nel contratto di rete come previsto dall’art. 2610 cod. civ. salvo il diritto di successiva esclusione laddove ricorra una giusta causa.
Altri aspetti che potranno essere inseriti nel contratto di rete potranno essere una clausola di riservatezza e di segreto sui dati commerciali e sul know-how conferito o sviluppato dai partecipanti; una clausola di non concorrenza dei singoli partecipanti rispetto alla rete; una clausola di esclusiva in favore della rete stessa da parte dei partecipanti.
E’ infine sempre opportuno l’inserimento di una clausola che preveda come dirimere le eventuali controversie, introducendo se del caso anche un’ipotesi di ricorso alla mediazione volontaria, precedente all’ipotesi contenziosa.
Nel paese con il maggior contenzioso dell’Unione europea, almeno il tentativo di evitare la giurisdizione ordinaria per risolvere i conflitti appare assolutamente auspicabile.