Il nuovo decreto legislativo sulla protezione dei dati personali

Il nuovo decreto legislativo sulla protezione dei dati personali

Il decreto legislativo n. 101 del 10 agosto 2018, che adegua la normativa nazionale in materia di privacy a quella europea contenuta nel GDPR (General Data Protection Regulation), è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale lo scorso 4 settembre ed entrerà in vigore dal prossimo 19 settembre.

Nel nuovo provvedimento, che riscrive gran parte del Codice della privacy in vigore (D. Lgs. 196/2003), vi sono due positive novità: procedure semplificate per le piccole e medie imprese e otto mesi di tolleranza nell’applicazione delle sanzioni.

L’insieme delle nuove regole sulla privacy si rivela particolarmente complesso, tuttavia per venire incontro alle difficoltà che le piccole e medie imprese possono incontrare nella loro applicazione, il nuovo testo prende in particolare considerazione le esigenze di semplificazione avanzate da più parti, affidando al Garante per la protezione dei dati personali il compito di promuovere delle modalità semplificate di adempimento degli obblighi da parte del titolare del trattamento, sempre comunque nel rispetto delle linee guida riguardanti le misure organizzative e tecniche per l’attuazione dei principi del Regolamento GDPR.

Inoltre, le società che ricevono curriculum vitae finalizzati all’instaurazione di un rapporto di lavoro possono star tranquille: le informazioni di cui all’articolo 13 del GDPR, riguardanti le informazioni da fornire all’interessato sul corretto trattamento dei suoi dati, andranno fornite solo al momento del primo contatto utile successivo all’invio del curriculum.

Per quel che riguarda le sanzioni pecuniarie, il decreto non prevede nessuna sospensione; il Garante dovrà però tener conto delle difficoltà incontrate dalle aziende e dagli imprenditori nell’adeguamento alla nuova normativa, pertanto è probabile che per almeno i primi 8 mesi di efficacia del decreto legislativo, nei casi in cui la violazione non sia grave e non sia stato recato danno all’interessato, il Garante possa semplicemente adottare un provvedimento correttivo e non erogare sanzioni.

Altra importante novità riguarda il consenso sui social. È stata infatti diminuita a 14 anni l’età per poter esprimere il consenso al trattamento dei dati personali in relazione all’offerta di servizi delle società dell’informazione. Per i minori di 14 anni è necessaria l’autorizzazione di chi esercita la responsabilità genitoriale.

Merita poi di essere ricordata la norma che si occupa dei diritti delle persone decedute. Tale norma afferma che i diritti in materia di privacy riferiti ai dati personali di soggetti deceduti possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio e agisce a tutela dell’interessato deceduto in qualità di suo mandatario o per ragioni familiari meritevoli di protezione.

La documentazione tecnica nel contesto dell’Internet of Things

La documentazione tecnica nel contesto dell’Internet of Things

Internet of Things – letteralmente “Internet degli oggetti” o IoT, – è l’espressione utilizzata ormai da qualche anno per definire la rete delle apparecchiature e dei dispositivi, diversi dai computer, connessi a Internet. Sensori per il fitness, automobili, radio, impianti di climatizzazione, ma anche elettrodomestici, lampadine, telecamere, pezzi d’arredamento, container per il trasporto delle merci… insomma qualunque dispositivo elettronico equipaggiato con un software che gli permetta di scambiare dati con altri oggetti connessi.

Il neologismo, riferito all’estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti, è stato introdotto da Kevin Ashton, cofondatore e direttore esecutivo di Auto-ID Center, consorzio di ricerca con sede al MIT, durante una presentazione presso Procter & Gamble nel 1993. Il concetto fu in seguito sviluppato dall’agenzia di ricerca Gartner. Secondo le stime dell’agenzia, gli oggetti attualmente connessi sono circa 5 miliardi e diventeranno 25 miliardi entro il 2020.

Se da un lato orologi intelligenti, braccialetti per il fitness e macchine che si parcheggiano da sole sono ormai entrate nella nostra quotidianità, dall’altro estrarre un senso dai dati e ricavarne un valore aggiunto è ancora un’attività in divenire. Gli oggetti diventano solo il mezzo per arrivare a un obiettivo più complesso: sono strumenti per raccogliere dati. E questo vale sia per la nostra quotidianità sia per le imprese, tanto per i dispositivi che portiamo al polso quanto per i sensori utilizzati nelle industrie.

Oggi, gli obiettivi legati all’Internet delle cose sono principalmente tre:

  • raccogliere informazioni in modo affidabile e garantendo una corretta connessione tra i dispositivi,
  • estrarre indicazioni utili dall’analisi computazionale dei dati,
  • assicurare la protezione ai dati sensibili

Come cambia la documentazione tecnica e di prodotto nel contesto dell’internet delle cose?

La documentazione tradizionale presenta un fattore comune: è sempre il fruitore a svolgere la parte attiva nella ricerca delle informazioni che gli sono necessarie per svolgere il proprio compito, per esempio la selezione di un prodotto o ricambio, il funzionamento di una macchina, la sostituzione di un componente, la soluzione di un problema operativo, ecc…

L’internet delle cose, e in parte già gli help online evoluti, rovescia questo paradigma. Lo smart object conosce il proprio stato e riconosce l’utente che interagisce con esso, e può, quindi, erogare in modo automatico l’informazione adeguata. Il dispositivo IoT può essere anche in grado di interagire con altri device e “prendere delle decisioni” sulla base delle istruzioni fornite dall’utente o delle sue abitudini.

Inoltre, nel corso degli ultimi anni la complessità della documentazione tecnica (manuali, help online, ecc.) e della documentazione di prodotto (cataloghi, schede, e-commerce, ecc.) è cresciuta in modo sempre più rapido e la gestione documentale si è trasformata: ieri si trattava di digitalizzare documenti, oggi di digitalizzare interi processi e flussi di lavoro.

La via per affrontare in modo vincente la complessità è quella di gestire i contenuti secondo la logica della segmentazione e del single sourcing (gestire il dato una sola volta e riusarlo in modo coerente laddove serve), e automatizzarne la pubblicazione, utilizzando dei tag come marcatori per discriminarne la destinazione. Dal punto di vista della pubblicazione il concetto base è quello di automazione, passando – per esempio – da sistemi di impaginazione automatica delle pubblicazioni su carta/PDF, a servizi web in grado di alimentare dinamicamente help online, e-commerce, app e applicazioni per l’erogazione dei contenuti attraverso gli smart objects.

Riassumendo, dal punto di vista della gestione dei contenuti, questa evoluzione implica l’esigenza di disporre di tool che permettano di:

  • Segmentare e standardizzare i contenuti multimediali e multilingua.
  • Integrarsi con altre fonti dati presenti in azienda.
  • Marcare i contenuti con tag (attributi / valori) multidimensionali atti a descriverne le condizioni di riuso.
  • Esportare i contenuti selettivamente e nei formati richiesti dagli output di destinazione.
  • Interfacciarsi con servizi web.
Il Marchio Internazionale l’accordo e il Protocollo di Madrid

Il Marchio Internazionale: l’accordo e il Protocollo di Madrid

Diversamente da quanto farebbe pensare l’uso dell’espressione “marchio internazionale”, non si tratta in realtà di un marchio avente un’efficacia sovranazionale.

Si tratta, invece, di una procedura semplificata di deposito che permette di presentare un’unica domanda presso un singolo ufficio (OMPI- Organizzazione Mondiale Proprietà Industriale, con sede a Ginevra in Svizzera), nella quale vengono designati uno o più Stati scelti tra quelli aderenti all’Accordo e al Protocollo di Madrid. Anche il rinnovo viene amministrato unitariamente presso il medesimo ufficio.

La registrazione si riferisce solo ai Paesi che sono stati indicati all’atto del deposito della domanda e avrà lo stesso identico valore di una registrazione nazionale, tanto che il marchio nei singoli Stati è sottoposto ad un esame da parte dell’ufficio locale secondo la relativa normativa.

Il marchio internazionale presenta due vantaggi rispetto ai singoli depositi nazionali.

In primo luogo, consente una semplificazione delle procedure: infatti, invece di presentare tante domande di marchio quanti sono i paesi interessati, come avviene nel caso di singoli depositi nazionali, è sufficiente presentare un’unica domanda all’OMPI.

In secondo luogo, il costo connesso al deposito internazionale è di regola meno elevato dell’insieme dei costi che si dovrebbero sostenere nel caso di singoli depositi nazionali negli stessi paesi.

Il “marchio internazionale” è stato originariamente previsto dall’Accordo di Madrid del 1891, concernente la registrazione internazionale dei marchi ed è stato oggetto nel corso degli anni di molte revisioni, compreso il c.d. Protocollo di Madrid del 1999, grazie al quale hanno aderito al sistema anche molti paesi importanti commercialmente per le nostre imprese, come gli Stati Uniti, il Giappone, la stessa Unione Europea. Pertanto, per le imprese italiane è ora possibile designare tuti i paesi aderenti all’intero “sistema di Madrid”.

Attualmente aderiscono al c.d. “sistema di Madrid” circa un centinaio di Stati e con molti altri esistono trattative in corso per una futura adesione.

Per un’impresa con sede in Italia, già titolare di un marchio nazionale italiano (“marchio di base”), la domanda di registrazione internazionale si presenta all’OMPI per il tramite dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi.

Se l’impresa, invece, ha sede all’estero, occorre prima depositare una domanda di registrazione del marchio nel paese in cui la  titolare ha la sede legale oppure un ufficio serio  ed effettivo, e poi sulla base di tale marchio procedere con l’estensione internazionale, per il tramite dell’ufficio marchi in cui è depositato o registrato il marchio di base.

Successivamente al deposito, l’OMPI procede ad una verifica formale in merito alle tasse pagate e alla correttezza della lista prodotti e servizi designata. In difetto, l’OMPI può emettere un rilievo al quale è necessario replicare per evitare l’estinzione del diritto.

Una volta superato l’esame sulle formalità, l’OMPI emette il certificato di registrazione, lo pubblica e procede quindi al suo inoltro alle Amministrazioni nazionali dei paesi designati nella medesima domanda.

Gli uffici marchi dei singoli Stati dispongono quindi fino a diciotto mesi di tempo per esaminare la domanda di registrazione ai sensi della normativa locale ed eventualmente pubblicarla per permettere opposizioni di terzi, se previsto dalla normativa applicabile.

Se non vengono sollevate obiezioni da arte degli esaminatori locali o presentate opposizioni di terzi, l’ufficio marchi nazionale, se previsto dalla normativa locale, emette un certificato attestante la protezione del marchio internazionale nel paese stesso (c.d. grant of protection). La registrazione avrà quindi lo stesso valore di un marchio nazionale registrato in tale paese.

Se, invece, l’esaminatore locale ritiene che sussistano dei motivi di non registrabilità, oppure se viene presentata un’opposizione da parte di un terzo, l’ufficio marchi nazionale emette un rifiuto provvisorio di protezione, che viene notificato, tramite l’OMPI, al titolare o al suo consulente marchi. In tale decisione viene anche indicato un termine entro cui replicare per il tramite di un consulente marchi locale. In questi casi viene quindi nominato un corrispondente nel paese e si inizia una procedura amministrativa a livello nazionale, con la predisposizione ed il deposito di una replica al rifiuto provvisorio. Tal procedura si conclude con una decisione definitiva, notificata sempre tramite l’OMPI, che può risultare di accettazione della registrazione oppure di rifiuto definitivo.

L’eventuale decisione di rifiuto definitivo emessa da un ufficio marchi di un paese designato nella registrazione internazionale non compromette l’eventuale validità nel marchio negli altri paesi designati.

In pratica, dopo il rilascio del certificato di registrazione internazionale dell’OMPI, il titolare deve attendere circa un anno e mezzo, o più in caso di procedure più complesse dovute a rifiuti degli uffici marchi od opposizioni di terzi, prima che i paesi interessati abbiano confermato la protezione.

Il titolare di un marchio internazionale può anche designare successivamente degli Stati aderenti al “sistema di Madrid” tramite le c.d. estensioni territoriali posteriori.

La registrazione internazionale permette quindi di estendere in molti paesi i propri diritti sul marchio di base con una procedura semplificata e con costi contenuti o comunque più basi rispetto ai singoli depositi nazionali. Tuttavia occorre evidenziare che una registrazione internazionale è vincolata alla validità del marchio di base per un periodo di cinque anni dalla data di registrazione.

In questo periodo, se detto marchio, per un qualsiasi motivo (per esempio a seguito di un’azione di un’opposizione di terzi o di un’azione di nullità) viene dichiarato invalido, anche la corrispondente registrazione internazionale viene invalidata. Si tratta del c.d. “attacco centrale”, grazie al quale si può far  cadere un’intera registrazione internazionale, attaccando il solo marchio di base nei primi cinque anni. Solo alla scadenza del periodo di cinque anni, la registrazione internazionale diventa indipendente dalle vicende che possono interessare il marchio di base.

In caso di designazione dell’Unione Europea nella registrazione internazionale, si tenga presente che il carattere di unitarietà del marchio dell’Unione Europea non viene meno, con la conseguenza che se esso viene rigettato o invalidato, lo sarà per tutti i paesi dell’Unione Europea ai quali si estende l0efficacia del marchio dell’Unione Europea.

Per tale motivo, in sede di studio della strategia di deposito del marchio è sempre consigliabile valutare se designare gli Stati Europei singolarmente considerati o lintea Unione Europea.

Riprendo un capitolo presente in un articolo precedente:

Consigli per un marchio definito da una parola

  • Il marchio deve trasmettere qualcosa al consumatore
  • Il marchio deve essere facilmente pronunciabile e memorizzabile
  • Prima di studiare il marchio è opportuno valutare chi è il consumatore
  • Prima di studiare il marchio valutare in quali Paesi si utilizzerà il marchio in quanto non deve avere un significato sgradevole in alcune lingue e comunque deve essere facilmente pronunciabile
  • Il marchio dovrebbe essere fra le 4 e le 8 lettere
  • Valutare la possibilità di depositare il marchio per più classi merceologiche
  • Più il marchio è debole e cioè ricorda il prodotto più possono nascere successivamente marchi simili ma nello stesso tempo il consumatore comprende più facilmente la tipologia del prodotto contraddistinto dal marchio
  • Più il marchio è forte e più può essere utilizzato per impedire l’utilizzo di marchi simili ma nello stesso tempo occorrono più investimenti pubblicitari in quanto non ricorda il prodotto
  • Prima di utilizzare ed eventualmente depositare un marchio eseguire una ricerca di anteriorità.