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Ammortamento beni immobili: il c.d. software “sorgente”

Con la sentenza dell’11 agosto 2016, n. 16953, la Corte di cassazione si è espressa in merito al corretto trattamento fiscale delle quote di ammortamento di alcuni software (i software rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 103 del TUIR). L’art. 103 del Tuir prevede al primo comma che “le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione dei brevetti industriali, dei processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili in misura non superiore al 50 per cento del costo”. Al secondo comma è statuito che “le quote di ammortamento del costo dei diritti di concessione e degli altri diritti iscritti nell’attivo del bilancio sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge”.

In via generale, il costo del software acquisito in licenza a tempo determinato dovrebbe essere ammortizzato ai sensi del comma 2 del citato art. 103, ma nel caso si tratti di software “sorgente” e quindi acquisito allo scopo di essere oggetto di conversione con il proprio lavoro di sviluppo e implementazione, la giurisprudenza di merito ha riconosciuto la possibilità di applicare la disciplina del comma 1 dell’art. 103 del Tuir.

Secondo i giudici di legittimità entrambi i commi dell’art. 103 possono essere applicati ai diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno ed i differenti ambiti operativi vanno distinti in ragione dell’ampiezza e del contenuto del diritto acquisito. Ai fini dell’ammortamento, la qualificazione di tali beni immateriali, deve essere compiuta sulla base della volontà negoziale manifestata dalle parti e non sulla astratta considerazione della residua utilità o meno del bene alla conclusione del processo di trasformazione.

Ammortamento beni immobili: il c.d. software “sorgente”

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Oltre la produzione: la Lean all’interno degli uffici

La maggior parte dei cultori del Lean Thinking concentrano la loro attenzione sulla produzione. Alcuni, non moltissimi, dedicano attenzione anche allo Sviluppo Prodotti. Quasi nessuno si preoccupa del lavoro di ufficio.

Eppure chi ha esperienza di aziende sa benissimo quanto spesso questo tipo di lavoro sia farraginoso e disordinato e perciò fonte di inefficienze, costi e sprechi.

Quando parliamo di lavoro di ufficio ci riferiamo a tutti i processi che comportano scambi di documenti e informazioni tra i vari comparti aziendali e tra questi e i clienti.

Tipicamente essi includono:

  • il ciclo attivo (gestione ordini clienti, spedizione, fatturazione, gestione crediti)
  • il ciclo passivo (gestione ordini fornitori, ricevimenti, controllo fatture passive, pagamenti a fornitori)
  • il ciclo contabile (gestione contabilità, adempimenti fiscali, gestione finanziaria, bilanci annuali e infra annuali)
  • il ciclo logistico (movimenti di magazzino, programmazione della produzione, rilevazione dati in produzione)
  • il controllo di gestione (contabilità industriale, budgeting e reporting)

 

I Sette Sprechi negli Uffici

Anche nel lavoro di ufficio si verificano spesso i classici sprechi combattuti dalla Lean. Proviamo a sintetizzarli.

Processi inutili: passaggi, controlli e firme inutili, elaborazioni inutili e ridondanti, stampe evitabili.

Difetti: documenti sbagliati, informazioni incomplete.

Sovrapproduzione: eccesso di dettagli, copie in eccesso, email superflue.

Attese: code di attività, strumenti non funzionanti o lenti, ritardi nel dare risposte.

Scorte: accumulo spesso disordinato di documenti da trattare o archiviare, accumulo email da evadere.

Trasporti e Movimentazioni inutili: spostamenti inutili ed evitabili di persone o documenti dovuti a layout non razionali.

Scarsa sensibilità ambientale: spreco di carta, sistemi di illuminazione e riscaldamento non temporizzati, apparecchiature sempre accese, raccolta rifiuti non differenziata.

Gli strumenti del Lean Office

L’eliminazione degli sprechi di cui sopra avviene attraverso progetti basati sull’applicazione di alcune consolidate metodologie.

  • Value Stream Mapping: è lo strumento principe per semplificare qualsiasi tipo di processo di ufficio/amministrativo. Consiste nell’analisi, svolta in collaborazione con tutte le persone interessate, della situazione attuale (current state), nell’evidenziazione dei problemi e delle criticità e nella definizione di possibili miglioramenti (future state).
  • Misura delle prestazioni: così come si misurano le prestazioni logistico produttive è fondamentale misurare anche le prestazioni legate alla qualità, ai tempi e ai costi delle attività di ufficio. Quasi nessuno lo fa, ma chi lo fa ottiene significativi risultati.
  • Training e Cross Training: il cross training delle risorse è fondamentale per evitare attese e inefficienze dovute a scarsa formazione o all’assenza di qualche risorsa.
  • Mini TPM: per evitare malfunzionamenti o guasti alle apparecchiature di ufficio può essere utile applicare un sistema TPM semplificato.
  • Mini 5S: in caso di uffici disordinati e poco funzionali anche la tecnica produttiva delle 5S può rappresentare un valido supporto per migliorare l’ordine e l’efficienza.

Benefici ottenibili

L’applicazione degli strumenti di cui sopra consente una serie di risultati significativi:

  • Identificazione ed eliminazione di attività non a valore aggiunto
  • Determinazione e miglioramento di attività non efficienti
  • Razionalizzazione del layout degli uffici
  • Migliore utilizzo del software gestionale di supporto
  • Identificazione e miglioramento di eventuali inadeguatezze delle competenze
  • Definizione di piani formativi delle risorse d’ufficio
  • Migliore qualità del servizio tra enti aziendali e tra questi e i clienti

 

Un’azienda non deve essere snella solo in produzione. Che senso ha avere una produzione tirata a lucido e una serie di uffici disordinati, inefficienti e “spreconi”?

L’azienda che vuole essere e rimanere competitiva deve essere snella ovunque e sotto ogni aspetto!

Nel prossimo articolo dedicheremo un focus speciale al tema del Controllo di Gestione, o meglio del “Lean Accounting” intendendo con questo termine il controllo di gestione, semplice ed efficace, applicabile nelle aziende snelle.

Il vino e la proprietà industriale

Il vino e la proprietà industriale

Strategie per la valorizzazione di uno dei campioni indiscussi del Made in Italy

Quest’anno Vinitaly ha festeggiato la sua 50A edizione, confermando la forza e l’importanza a livello mondiale del vino prodotto in Italia. L’elevato interesse e consumo di tale prodotto alimenta la competizione tra i produttori, i quali sempre più utilizzano gli Strumenti della Proprietà Industriale per tutelare non solo gli aspetti tecnologici riguardanti l’intero processo produttivo, ma anche quelli sempre più importanti attinenti la comunicazione, la promozione e la commercializzazione del prodotto finale.

Tutti gli strumenti della proprietà industriale possono essere utilizzati da una cantina:

– il brevetto per tutelare, ad esempio, le nuove varietà vegetali, i macchinari ed i processi di vinificazione e di imbottigliamento;

– i design per proteggere la forma dei propri prodotti come bottiglie, decanter, bicchieri; e

– i marchi che consentono di valorizzare tutta la filiera, permettendo al produttore di distinguersi.

Lo sviluppo commerciale, soprattutto all’estero, dei vini ha un impatto importante sulle strategie di marketing e sulla ideazione e realizzazione dei marchi e delle etichette che devono corrispondere alle aspettative del consumatore del Paese di interesse.

 Nella valutazione del valore di una bottiglia di vino al momento dell’acquisto entrano in gioco numerosi e differenti fattori, oltre alla qualità del prodotto, di carattere materiale ed immateriale, come: la denominazione di origine, l’immagine e la storia della cantina, la comunicazione del marchio e la fascia di mercato in cui è posizionata la bottiglia.

Il marchio nel tempo acquisisce, quindi, un valore aggiunto, che viene trasmesso al prodotto. Pertanto per una cantina è imprescindibile tutelare i propri marchi correttamente e svolgere periodiche attività di sorveglianza,  in modo da impedire azioni illecite della concorrenza.

Per una cantina adottare e proteggere il proprio marchio non è particolarmente difficile, le azioni sono sostanzialmente analoghe a quelle che deve affrontare un’altra azienda nel momento in cui decide di adottare un nuovo marchio. Individuato un nome, un’etichetta con la sua parte grafica, la sua protezione va effettuata in Italia o nei paesi di interesse con una strategia che deve essere studiata ad hoc, con un’attenta analisi del rapporto costi-benefici e degli interessi commerciali immediati e futuri.

È inoltre importante concentrarsi su mercati precisi integrando la visione commerciale con il punto di vista legislativo e le linee per la protezione e la tutela dei propri beni.

Se il marchio possiede tutti i requisiti per essere validamente registrato, non ci sono Paesi in cui sia difficile proteggersi. Esistono, però, Paesi nei quali si possono incontrare difficoltà a far valere i propri diritti sul marchio perché spesso si tratta di Paesi ancora in evoluzione, con sistemi legislativi non analoghi a quelli europei. Proprio in questi Paesi è, quindi, ancora più importante andare a proteggersi, anche se non si hanno immediati interessi commerciali.

Inoltre poter godere della protezione di un marchio collettivo è molto importante, come dimostrato recentemente dalle esperienze di alcuni consorzi che hanno capito che per avere una corretta protezione all’estero e fare valere i propri diritti, la strada migliore è quella del marchio collettivo in abbinamento alla Denominazione di Origine. Si tratta di due strumenti complementari che devono essere entrambi attivati allo scopo di attivare alternativamente l’uno o l’altro a seconda dello scopo da perseguire. È l’unione che fa la forza. Nel settore dei vini il marchio collettivo ha un’enorme importanza per la tutela degli interessi comuni, di tutti i consorziati o di tutti quelli che usano una determinata denominazione, senza però annullare l’individualità di ciascuna realtà. Anzi al contrario è utile per tutelare proprio le peculiarità di realtà medio-piccole, con produzioni di qualità, di nicchia. Il marchio collettivo facilita la collaborazione fra aziende, la promozione del proprio vino. I benefici che si possono raggiungere collettivamente ricadono poi sui singoli che da soli non avrebbero avuto la forza economica e commerciale per raggiungere determinati obiettivi. In breve, si può affermare che il marchio collettivo è un formidabile “strumento giuridico di marketing”: i due aspetti “giuridico” e “di marketing” devono, infatti procedere insieme.

Il vino ha profonde origini storiche da sempre legate alla nostra terra ed oggi è tra i principali prodotti italiani apprezzati all’estero. Tuttavia i rischi nel mercato globale sono numerosi, a partire dai più o meno clamorosi tentativi di contraffazione dei prodotti e dei marchi italiani. È pertanto importante valorizzare questa enorme risorsa tutelandola nei migliori dei modi.

Proprio a seguito della crescente attenzione sulla protezione del marchio nel settore vinicolo,  l’Organizzazione Interprofessionale per la Comunicazione delle Conoscenze in Enologia (OICCE ) ha presentato durante Vinitaly il libro di propria edizione “Il vino e i marchi – Teoria e pratica dell’uso e della difesa dei marchi nel settore enologico e degli spiriti”, autori Maria Cristina Baldini e Pierstefano Berta.