Il nuovo Regolamento Europeo sulla Privacy

Il nuovo Regolamento Europeo sulla Privacy

Nel maggio 2015 la Commissione Europea pubblicava un documento nel quale illustrava una strategia atta a creare un mercato unico europeo nella fornitura di merci e servizi a base digitale. Parte di questa strategia riguardava l’adozione di una serie di regole per facilitare l’accesso ai mercati on-line e rendere più sicure le reti digitali.

In tale contesto si inseriva il Nuovo Regolamento Europeo n. 679/2016 sulla protezione dei dati personali (GDPR “General Data Protection Regulation”), emanato per rispondere all’esigenza di unificare la normativa in materia. Non era più tollerabile, infatti, la frammentazione legislativa presente in Europa su un tema così fondamentale, soprattutto a seguito della rapida espansione dei servizi digitali.

Oggi qualsiasi attività economica non può prescindere dalla raccolta di informazioni e di dati personali e pertanto l’armonizzazione a livello europeo delle regole da adottare per garantirne la protezione rappresenta una significativa semplificazione.

Il Regolamento entrerà in vigore il 25 maggio prossimo in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea così tutte le imprese dovranno adeguarsi alla nuova normativa per poter lecitamente trattare i dati personali dei cittadini europei.

A questo punto è lecito domandarsi cosa deve fare oggi un’impresa per essere conforme al GDPR.

I primi passi da compiere possono essere semplificati come segue:

  • avere un quadro preciso di ciò che viene trattato in azienda in termini di dati personali ed adottare gli accorgimenti necessari al fine di proteggere tali dati dai rischi di perdita, distruzione, furto, modifica, divulgazione non autorizzata etc.;
  • essere a conoscenza del fatto che prima di trattare un qualsiasi dato personale è necessario fornire all’interessato (ossia a colui il quale si riferiscono i dati) una informativa che deve essere conforme ai nuovi dettami del Regolamento Europeo;
  • ottenere il consenso al trattamento dei dati personali nei casi in cui ciò sia richiesto esplicitamente dalla normativa e richiederlo in modo conforme a quanto dalla stessa sancito;
  • formare il proprio personale dipendente che compie attività di trattamento per conto del titolare (cd “incaricati del trattamento”).

Questi sono sicuramente alcuni degli adempimenti primari da adottare. Va tenuto conto poi che ogni impresa è diversa dall’altra e per ognuna va compiuta una specifica valutazione. Il titolare infatti deve poter dimostrare di aver attuato tutte le misure e procedure interne necessarie al fine di rendere effettivi i principi di protezione dei dati – come sancisce appunto il principio dell’”Accountability” (responsabilizzazione), uno dei nuovi concetti giuridici presenti nel GDPR – in caso contrario l’impresa rischia di venire condannata al pagamento di pesanti sanzioni amministrative pecuniarie, oltre ad incorrere in responsabilità sia civili che penali.

Istruzioni per l’uso: la Norma IEC 82079-1:2012

Istruzioni per l’uso: la Norma IEC 82079-1:2012

La Norma IEC 82079-1:2012 fornisce principi generali e requisiti dettagliati per la progettazione e la formulazione di tutti i tipi di istruzioni per l’uso destinate a qualsiasi tipo di prodotto.

Essa, pertanto, si rivolge a fornitori, progettisti tecnici, illustratori tecnici, progettisti software, scrittori tecnici, traduttori e, in generale, a chiunque sia impegnato nell’attività di ideazione e redazione di Istruzioni per l’uso.

Pubblicata nell’agosto del 2012, la Norma IEC 82079-1:2012, annulla e sostituisce la norma IEC EN 62079 del febbraio 2001.

Le principali differenze rispetto alla norma IEC EN 62079 sono:

La parte di “termini e definizioni” è passata dai 20 “vecchi” termini agli attuali 43
In molte parti della presente normativa viene evidenziato maggiormente l’importanza di un’adeguata analisi dei gruppi di riferimento e sulla coerenza delle informazioni
Sono cresciute e precisate le formazioni riguardanti la sicurezza
L’utilizzo dei supporti elettronici è stato ampliato tenendo conto dello stato della tecnica
È stato aggiunto un capitolo sulla valutazione di conformità.

La IEC 82079, se applicata, non dà direttamente la presunzione di conformità.

Rispondiamo ora ad alcuni quesiti che ci hanno sottoposto i nostri Clienti o che nascono spontaneamente dal confronto tra le due norme.

1. Attenendosi alle direttive della norma ISO/IEC 82079 si redige “automaticamente” una buona documentazione?

In moltissimi punti la norma ISO/IEC 82079 formula regolano che si riferiscono alla qualità delle informazioni per l’utente come coerenza, leggibilità, comprensibilità, identificazione funzionale, accesso a informazioni. Attenersi a questi aspetti ha conseguenze positive sul prodotto informativo. Ma la norma richiede anche che le informazioni siano elaborate da specialisti. Questo vale per testi, illustrazioni e traduzioni. Per questi specialisti la norma definisce l’ambito d’azione della loro competenza professionale.

2. Quando i prodotti sono assoggettati alla Direttiva Macchine è necessario osservare ugualmente la norma ISO/IEC 82079?

Sì. La Direttiva Macchine richiede semplicemente la presenza di informazioni sostanzialmente definite come il manuale operativo, le informazioni sulla manutenzione, ecc. La Direttiva Macchine non si esprime riguardo al modo in cui devono essere comunicate queste informazioni. Qui entra in gioco la norma ISO/IEC 82079. I requisiti vengono comunicati in modo ridondante solo in pochi punti.

3. Allora su quale base devo redigere istruzioni di sicurezza o avvertenze?

La norma ISO/IEC 82079 cita esplicitamente la valutazione dei rischi come procedura per la definizione della necessità di istruzioni di sicurezza e avvertenze. In altri settori, in particolare nell’ingegneria meccanica e nella tecnica medicale, la procedura è consolidata e collaudata. Infatti, le avvertenze nella documentazione sono solo l’ultimo mezzo per tutelare l’utente; prima vengono le misure costruttive, i dispositivi di sicurezza del prodotto e i segnali di avvertimento sul prodotto.

4. Se fino a questo momento le avvertenze sono state redatte secondo la norma ANSI Z535.6, cosa è necessario modificare alla documentazione preesistente per adeguarsi alla norma ISO/IEC 82079?

Nulla. Le definizioni nella norma ISO/IEC 82079 sono perfettamente conformi ai requisiti della norma ANSI. Nei punti fondamentali gli enunciati sono molto simili. Questo riguarda soprattutto l’importanza delle parole usate per le avvertenze, la messa in evidenza del tipo di pericolo e della rispettiva fonte, le conseguenze in caso di inosservanza dell’avvertenza e le misure per evitare un danno. La ANSI rimane, comunque, una necessaria integrazione su cui uniformare la propria documentazione, in quanto fornisce ulteriori direttive su come comunicare informazioni rilevanti per la sicurezza.

5. La norma parla anche di documentazione su supporti elettronici. Le documentazioni cartacee diventano inutili?

No. La norma descrive in quale forma si devono elaborare le informazioni su supporti elettronici affinché possano assolvere la loro funzione. Tuttavia essa sottolinea al tempo stesso la necessità che le informazioni rilevanti siano sempre direttamente accessibili. Questo vale soprattutto per informazioni rilevanti per la sicurezza o informazioni per l’impostazione di un prodotto. Tale disponibilità è come sempre assicurata solo nel caso della documentazione cartacea.

6. La norma ISO/IEC 82079 affronta anche il tema delle traduzioni?

Sì. La norma esige che si mettano a disposizione le informazioni nella lingua/nelle lingue del paese di utilizzo. Fino al momento di entrata in vigore  della norma Norma IEC 82079-1:2012 questo requisito era contenuto così esplicitamente solo in norme settoriali, per esempio nella Direttiva Macchine e riferita esclusivamente all”UE. La ISO/IEC 82079 affronta anche la problematica delle vendite transnazionali tramite internet, che fondamentalmente comportano anche la necessità di traduzioni.

7. La norma richiede regolamenti/guide per la redazione di informazioni per gli utenti. Quali aspetti devono esservi regolati?

La norma parla in maniera esplicita di una “style guide” che disciplina vari aspetti della comunicazione nonchè la la coerenza delle informazioni. Questi aspetti includono: modello di formulazione, scelta delle parole, terminologia, lingua dell’utente, layout, struttura delle tabelle, illustrazioni. Questo vale a maggior ragione quando più persone lavorano in parallelo o le informazioni vengono gestite per un tempo prolungato.

8. La norma si riferisce anche ai servizi o solo ai prodotti?

La norma si applica ai prodotti. Secondo la definizione della norma, tuttavia, un prodotto può essere una merce oppure un servizio. Anche per i servizi devono spesso essere redatte informazioni su come il servizio debba essere prestato in maniera sicura e con piena soddisfazione del cliente. Di conseguenza le definizioni della norma valgono anche per le informazioni che supportano un servizio. Un esempio tipico sono le documentazioni dei processi.

Disposizioni sul diritto d’autore

Disposizioni sul diritto d’autore

Il Codice di Diritto Industriale nei suoi vari articoli ci insegna a comprendere i diritti di proprietà industriale ed in sostanza ci informa sulla costituzione ed acquisto di tali diritti.

Art. 2 del Codice di Diritto Industriale

  • I diritti di proprietà industriale si acquistano mediante brevettazione, mediante registrazione o negli altri modi previsti dal presente codice. La brevettazione e4 la registrazione danno luogo ai titoli di proprietà industriale.
  • Sono oggetto di brevettazione le invenzioni, i modelli di utilità, le nuove varietà vegetali.
  • Sono oggetto di registrazione i marchi, i disegni e modelli, le topografie dei prodotti a dei semiconduttori.
  • Sono protetti, ricorrendone i presupposti di legge, i segni distintivi diversi dal marchio registrato, le informazioni aziendali riservate, le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine.

Come è possibile notare il Codice di Diritto Industriale non protegge le opere intellettuali che invece sono protette dalla Legge sul Diritto d’Autore.

Art. 2 della Legge sul Diritto d’Autore

In particolare sono comprese nella protezione:

  • Le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose, tanto se in forma scritta quanto se orale;
  • Le opere e composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammatico-musicali e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale;
  • Le opere coreografiche e pantomimiche, delle quali sia fissata traccia per iscritto o altrimenti;
  • Le opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, compresa la scenografia;
  • I disegni e le opere dell’architettura;
  • Le opere dell’arte cinematografica, muta o sonora, sempreché non si tratti di semplice documentazione protetta ai sensi delle norme del capo quinto del titolo secondo;
  • Le opere fotografiche e quelle espresse con procedimento analogo a quello della fotografia sempre che non si tratti di semplice fotografia protetta ai sensi delle norme del capo V del titolo II;
  • I programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore. Restano esclusi dalla tutela accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso;
  • Le banche dati di cui al secondo comma dell’articolo 1, intese come raccolte di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro odo. La tutela delle banche di dati non si estende al loro contenuto e lascia impregiudicati diritti esistenti sui tale contenuto;
  • Le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico.

Vediamo ora fra tutte le opere sopra indicate quali sono le opere che vengono normalmente utilizzate dalle imprese.

CATALOGO

Senza chiedere il permesso a nessuno e senza spendere un euro è sufficiente inserire nel catalogo (normalmente una volta solo sotto l’indirizzo dell’azienda) © COPYRIGHT (data di pubblicazione). La Legge va a proteggere le fotografie e quanto è scritto nel catalogo. Poi, dato che ogni  anno è possibile l’inserimento di nuove pagine e quindi si dovrà aggiornare la data di pubblicazione, è necessario non cestinare il catalogo dell’anno prima per continuare a proteggere quanto riportato nel vecchio catalogo e riportato nel nuovo catalogo.

SITO

Valgono le stesse regole del catalogo con l’unica accortezza di inviarsi via PEC quanto riportato nel sito dell’anno prima.

SOFTWARE

Il Codice di Diritto Industriale non consente la protezione di programmi per elaboratori in quanto tali. In sostanza un software applicato ad una macchina è brevettabile mentre un software per esempi di video scrittura non è brevettabile. Ora depositando il software per esempio alla SIAE è possibile proteggere anche il software in quanto tale.

CATALOGO e SITO

Ora si immagini un catalogo e/o un sito che riporti © COPYRIGHT, ™ a lato di marchi non depositati, ® a lato dei marchi registrati, Patent Pending in corrispondenza di prodotti in cui si è depositata una domanda di brevetto, Patented in corrispondenza di prodotti brevettati, Disegno depositato in corrispondenza dei prodotti coperti da un brevetto di design, e così via.

Tutte queste indicazioni trasmettono il fatto che l’azienda protegge i propri diritti di proprietà industriale e i propri di diritti di proprietà intellettuale.

In definitiva:

  1. La protezione delle varie opere parte dalla data di ideazione dell’opera e quindi è necessario determinare una data certa: deposito presso la SIAE, fotografie dello stand fieristico in cui si divulgata l’opera, fattura del tipografo ecc. ecc..
  2. Non è necessario depositare presso la SIAE e quindi la protezione è a costo zero fermo restando il principio di avere una data certa della prima divulgazione.
Le biotecnologie

Le biotecnologie

A rendere ulteriormente più complessa la pratica brevettuale è intervenuto, in questi ultimi anni, lo sviluppo sempre più tumultuoso e rapido delle cosiddette “biotecnologie”, ovvero della applicazione alla chimica ed alla farmaceutica dei progressi realizzati dalla manipolazione genetica.

Questo settore è molto importante, in quanto le tecniche di laboratorio da utilizzare in questo campo sono ormai uno standard e sono note a tutti: pertanto, anche una piccola azienda o un laboratorio universitario sono in grado, almeno potenzialmente, di realizzare con investimenti relativamente ridotti invenzioni di valore economico enorme, come vaccini, test diagnostici precoci, medicinali contro svariate malattie, in particolare conto quelle particolari malattie note come “malattie genetiche”, in quanto causate dal mancato o anomalo funzionamento di un gene umano.

La brevettazione in questo settore, tuttavia, pone numerosi problemi di ordine pratico, problemi che la UE ha tentato di dipanare con l’approvazione da parte del Parlamento Europeo della Direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche.

Questa direttiva è stata osteggiata da numerosi Paesi europei tra cui l’Italia. Altri Paesi europei come la Francia e la Germania hanno attuato la Direttiva con leggi nazionali che si sono discostate per alcuni versi dal contenuto e, alcune volte, anche dallo spirito della Direttiva stessa.

Senza entrare nel merito delle importanti problematiche etiche e morali che riguardano in generale la ricerca nel campo delicatissimo delle “Scienze della Vita”, è opportuno precisare che il contenuto della Direttiva 98/44/CE non ha in realtà rappresentato una “novità” tecnico-giuridica sostanziale, tale da produrre “sconvolgimenti” rispetto a quanto era avvenuto precedentemente alla sua adozione. Essa era in realtà intesa a chiarire alcuni aspetti “tecnici” controversi della pratica brevettuale in campo biotecnologico, aspetti che erano stati oggetto di decisioni contraddittorie, anche a livello dell’Ufficio Brevetti Europeo.

Alla domanda: “Cosa si può brevettare in campo biotecnologico?” si può pertanto oggi rispondere, senza la necessità di analizzare nel dettaglio le complesse norme della Direttiva e delle sue leggi nazionali di attuazione, prendendo esempi dal passato.

Per esempio, secondo la Direttiva, si possono brevettare delle sequenze di DNA o di RNA corrispondenti a pezzi di gene o a geni interi, nonché le corrispondenti proteine o peptidi codificati da tali sequenze, purché di queste sequenze si individui almeno una funzione che abbia una utilizzazione pratica e che tale funzione venga indicata nel brevetto e, secondo la normativa di attuazione italiana, anche rivendicata esplicitamente (art. 81 quinques (c) CPI). Questo requisito, nella sua applicazione più semplice, è quasi automaticamente soddisfatto qualora si conosca la funzione del gene (per esempio nel caso di un gene umano), ad esempio avendolo associato sperimentalmente ad una specifica malattia, oppure quando si sia riscontrato il fatto che una certa sequenza, ad esempio virale, ha spiccate proprietà immunogene, per cui la conoscenza della sequenza può essere utilizzata in diagnostica per sostituire, ad esempio, materiale virale con altro di sintesi.

Ciò è dovuto al fatto che è ormai pratica consolidata che una qualsiasi sequenza si possa manipolare e, successivamente, inserire in un organismo ospite dove viene espressa (magari insieme ad una sequenza esogena, cioè ad essa estranea). In questo modo si possono realizzare le cosiddette “chimere”, cioè degli organismi che incorporano sequenze genetiche ad essi estranee e che non potrebbero formarsi per via naturale.

Come conseguenza, si possono produrre per mezzo di batteri o di lieviti delle proteine umane o animali, o parti di esse, e queste proteine possono essere usate in kit diagnostici o, laddove possibile, essere somministrate come farmaci. La ricerca genetica si è spinta anche oltre, fino all’ottenimento dei cosiddetti “organismi transgenici” (noti come GMO)., animali e piante, che in molti casi sono stati fatti oggetto diretto di specifiche rivendicazioni nelle domande di brevetto.

Questi animali e piante, ben lungi dall’essere “fenomeni da baraccone”, possono in generale produrre, ad esempio nel latte (nel caso di animali), proteine umane o altre sostanze utili, oppure essere usati come modelli per lo studio di gravi malattie genetiche umane. Molte piante geneticamente modificate incorporano geni che sintetizzano direttamente in esse sostanze che le rendono resistenti a certi parassiti o erbicidi, permettendo pertanto di ridurre l’inquinamento evitando o riducendo l’uso di sostanze nocive (erbicidi e antiparassitari) nelle coltivazioni, oppure che le rendono resistenti a certe malattie o che ne rendono i frutti del raccolto meno soggetti al deterioramento.

Da quanto sopra esposto, appare evidente come, in questo campo, il confine tra invenzione e semplice scoperta scientifica (come tale non brevettabile) sia molto labile e che la linea di demarcazione sia ancora una volta segnata dalla risposta alla domanda che sempre permette di identificare un’invenzione: la “scoperta” che ho fatto risolve un problema tecnico? Se la risposta è “sì”, allora non solo la possibilità, ma l‘opportunità di depositare un brevetto è ben presente e occorre valutarla..

Naturalmente, è evidente che il dibattito sulle biotecnologie riveste importanti aspetti etici, e che debba essere sempre trovato un corretto punto di equilibrio tra la necessità di promuovere il progresso in campo medico/farmaceutico e la necessità di preservare l’integrità del patrimonio genetico umano.